L' inizio di questa “Storia dell’endoscopia digestiva in Italia” si colloca in quel 1968 foriero di tante novità e di grandi cambiamenti.
Tocca all’Italia il compito di organizzare il Secondo Congresso mondiale di Endoscopia Digestiva, un compito sicuramente impegnativo per quei tempi sia per la mancanza di strutture idonee, sia per lo scarso numero di praticanti e fruitori di una specialità ancora pressocché sconosciuta.
Il primo congresso mondiale si era tenuto a Tokyo nel 1966 e vi avevano partecipato pochissimi italiani che avevano riportato a casa la notizia di nuove metodiche endoscopiche e qualche strumento per quei tempi rivoluzionario.
Cominciavano a diffondersi i primi fibroscopi che sembravano promettere grandi progressi ma che in realtà non consentivano ancora di superare i confini imposti dagli strumenti rigidi o semirigidi.
Fu certamente nel 1970 al Congresso di Roma e Copenhagen (il proseguimento in quella sede era stato imposto da opportunità di politica societaria) che ci si rese conto con stupore delle enormi potenzialità dell’endoscopia: il duodeno, la papilla di Vater con accesso alle vie biliopancreatiche, e tutto il colon si aprivano all’osservazione diretta, integrata quando necessario dalla biopsia.
Il progresso rispetto alle possibilità diagnostiche di quel tempo, basate esclusivamente sulla radiologia tradizionale, era veramente incredibile. Chi ebbe l’opportunità di assistere direttamente alle presentazioni di fotografie o filmati che documentavano la fattibilità di una colonscopia totale o di un cateterismo della papilla di Vater, comprese subito le potenzialità dell’endoscopia. Sulla base di questo convincimento molti decisero di dedicarsi interamente a questa nuova specializzazione raccogliendo in seguito molte soddisfazioni, ma scontrandosi con difficoltà organizzative spesso insuperabili e con frustranti incomprensioni.
Giustamente l’infaticabile Felice Cosentino e Luciano Ragno, valente giornalista da sempre vicino al mondo medico, iniziano da qui la loro opera raccontando con dovizia di dettagli il lento diffondersi nel nostro Paese delle nuove metodiche, la progressiva crescita dei Centri e degli uomini che vi lavorano, la nascita di Scuole che fungono da punti di riferimento per chi muove i primi passi in questa specialità tutta da inventare.
Gustosi aneddoti rendono piacevole la lettura di un testo che è anche una cronaca molto precisa della vita della Società Italiana di Endoscopia Digestiva fin dalla sua fondazione, dei congressi che si susseguono regolarmente diffondendo la conoscenza delle nuove tecniche e dei risultati conseguibili con una insostituibile funzione di stimolo basata sull’incontro e sulla trasmissione diretta delle conoscenze. Il capitolo dedicato “ai testimoni del tempo” aggiunge, pur nella soggettività dei vissuti e delle opinioni, ulteriori dettagli e notizie di prima mano che in una storia scritta seguendo i canoni tradizionali non avrebbero trovato alcuna accoglienza.
Per chiudere non poteva mancare un ritratto dei cinquantenni del 2000 che stanno vivendo in pieno la rivoluzione diagnostica e terapeutica della nuova Medicina, impegnati nel perfezionamento delle tecniche endoscopiche e proiettati verso prestigiosi traguardi.
Agostino Fratton